martedì 24 marzo 2009

il mondo ha sete

Ridurre il consumo e l’inquinamento dell’acqua impiegata, investendo allo stesso tempo in progetti che promuovano l’uso equo e sostenibile dell’acqua, per garantire l’accesso all’acqua nel mondo.

Ridistribuire la localizzazione delle coltivazioni, dare un valore economico all’acqua, ripensare gli stili di vita per limitare l’emergenza idrica nel mondo: sono queste alcune tra le raccomandazioni fatte oggi dal Barilla Center for Food & Nutrition, in occasione della sua presentazione ufficiale a Milano.


Sette le proposte:

1. Individuare politiche, modelli e strumenti di gestione integrati: sempre di più infatti, a pesare maggiormente sulla disponibilità d’acqua sono le scelte fatte da attori esterni al ciclo di approvvigionamento e distribuzione (tipicamente acquedotti, consorzi di bonifica…).
2. Ripensare la localizzazione su scala globale delle attività di produzione dei prodotti agricoli.

3. Puntare sul concetto di Water Neutrality, sull’esempio del più noto concetto di Carbon Neutrality.

4. Mettere a punto modelli economici in grado di definire il valore economico associato all’uso dell’acqua.

5. Orientare i comportamenti individuali e i modelli di consumo.
6. Promuovere innovazione e tecnologia per l’incremento della produttività agricola (l’utilizzo dell’irrigazione goccia a goccia può ridurre ad esempio dal 30 al 60% l’acqua necessaria per irrigare).

7. Favorire l’accesso all’acqua rimuovendo i vincoli di natura tecnica e politica.


Tre in particolare, le raccomandazioni evidenziate oggi:
La prima impone il ripensamento delle politiche agricole su scala globale. L’agricoltura impiega infatti il 70% dell’acqua dolce disponibile sul pianeta (il 22% riguarda l’industria e l’8% gli usi domestici), e questo dato è destinato ad aumentare al crescere della popolazione.

Riallocare le colture in base alla disponibilità e alla produttività di acqua di ogni Paese, favorendo quindi la coltivazione nelle aree dove piove di più e quindi dove vi è minor necessità d’irrigare usando l’acqua di superficie o di pozzo, oppure favorire alcune colture che hanno bisogno di poca acqua anziché altre che ne necessitano di molta, diventano azioni indispensabili per intervenire sulla
disponibilità d’acqua.

In questo modo sarà possibile evitare conseguenze drammatiche per il pianeta, quali ad esempio la scomparsa del Mare di Aral, che ha perso più del 75% delle sue acque negli ultimi decenni a causa di coltivazioni di cotone in un’area arida.
La seconda è l’istituzione di un sistema di incentivi e disincentivi per orientare i consumi premiando i comportamenti più virtuosi.

Così come accade oggi per le emissioni di CO2, infatti, è necessario introdurre un sistema di “quote” che ponga un limite alla quantità di acqua utilizzabile dai vari settori produttivi rendendo obbligatorio per le imprese pagare l’acqua utilizzata in eccesso.
Infine, è necessario un approccio che coinvolga gli stili di vita della società promuovendo le buone pratiche di consumo con particolare attenzione all’alimentazione.

Grazie infatti all’introduzione del concetto di Acqua Virtuale (Virtual Water) è possibile analizzare l’acqua utilizzata per realizzare un prodotto, ma non contenuta fisicamente in esso.
In particolare, i prodotti da allevamento (carne, uova, latte…) presentano un contenuto di acqua virtuale molto elevato, poiché gli animali si nutrono di grande quantità di prodotti coltivati.

Con una dieta ricca di carne, infatti, ogni individuo consuma giornalmente 4.000 – 5.400 litri di acqua, necessari per nutrire e crescere gli animali fino al momento della macellazione. Al contrario, il consumo di acqua giornaliero in una dieta “a basso contenuto di acqua” (cereali, frutta, ortaggi e pesce) è di “soli” 1.500 – 2.600 litri.
Orientare i comportamenti individuali e i modelli di consumo verso stili di vita che implichino un impiego più attento dell’acqua, può rappresentare un fattore di grande importanza nella gestione di questa risorsa.

A livello complessivo, il nostro pianeta dispone di circa 1,4 miliardi di Km3 d’acqua, di cui soltanto il 2,5% circa è composto da acqua dolce. La maggior parte di questa presenta difficoltà di utilizzo, tant’è che poco meno di 45 mila Km3 di acqua (pari allo 0,003% del totale) risultano teoricamente fruibili.

Si stima però che solo 9-14 mila Km3 d’acqua (pari a circa lo 0,001% del totale) siano effettivamente disponibili per l’utilizzo da parte dell’uomo.


Il Barilla Center for Food & Nutrition è un centro di pensiero e proposte dall’approccio multidisciplinare che affronta il mondo della nutrizione e dell’alimentazione mettendolo in relazione con le tematiche ad esso correlate: economia, medicina, nutrizione, sociologia, ambiente.


Organismo garante dei lavori del Barilla Center for Food & Nutrition è l’Advisory Board, composto da: Barbara Buchner, ricercatrice presso l’International Energy Agency di Parigi (IEA), Mario Monti, economista, Gabriele Riccardi, endocrinologo, Camillo Ricordi, chirurgo e scienziato, Joseph Sassoon, sociologo, Umberto Veronesi, oncologo.


2 commenti:

Anonimo ha detto...

Ciao Alessio, ma in conclusione l'Acqua è un diritto o un bene di scambio?
Bisio

Aa ha detto...

un diritto inalienabile per tutte le popolazioni che ne soffrono la mancanza, un bene di scambio per tutte le economie che ne dispongono in abbondanza.

cederla a chi non ne ha, usarla come moneta di scambio tra chi ne dispone già