Vi riporto l'intervento di Gianpaolo Fabris al workshop Aspen di Venezia "Nuovi consumatori, nuovi stili d vita" - I protagonisti della green economy.
Tante imprese oggi dimostrano una lungimiranza ambientale maggiore rispetto all’operare degli Stati. Attivissimi questi in proclami sull’urgenza di promuovere le energie alternative, ridurre le emissioni, la dipendenza energetica, contrastare il riscaldamento del pianeta quanto poi inadempienti nelle realizzazioni. Latitano ampiamente, nonostante la drammaticità dei problemi, efficaci strategie pubbliche di intervento.
L’alibi a cui si fa più spesso ricorso, così come del resto per i ritardi sulle riforme, è la crisi che indurrebbe a rinviare al “dopo”. C’è da chiedersi come mai, invece, nel Paese in cui la crisi si è abbattuta con maggiore virulenza si stiano progettando ed attuando interventi significativi proprio in questa direzione. Ma anche, in una nazione povera e di prima industrializzazione come la Cina, il presidente Wen Jiabao stia insegnando al mondo come si coniuga economia di mercato con il più ambizioso programma di energie rinnovabili ed efficienza energetica.
Nel nostro Paese, ma non soltanto nel nostro, sta nascendo uno zoccolo di imprese che hanno fatto della sensibilità ambientale e di interventi d’avanguardia il loro modus operandi conseguendo risultati davvero importanti.
Accanto a queste ce ne sono certamente tante altre che usano lo stesso alibi/giustificazione degli Stati, adottano la politica dello struzzo, non vedono l’urgenza del problema, prosperano sull’indeterminatezza o assenza delle normative al proposito. Le tante da cui prende spunto poi l’ambientalismo radicale a testimonianza dell’impossibilità di salvare il pianeta in presenza dell’odiato capitalismo. Dimenticando, come dice Giorgio Ruffolo nel titolo di un bel recente libro, che il capitalismo ha i secoli contati.
Sono invece imprese, minoritarie come numero ma esemplari nelle loro realizzazioni, a svolgere una funzione di supplenza, ad assumere responsabilità per alcune delle funzioni che dovrebbero essere dello Stato.
Imprese che non debbono miopemente confrontarsi con scadenze elettorali, che possono guardare lontano, elaborare un pensiero strategico ispirato all’ambiente che diviene, nei fatti e non a parole, parte significativa della loro mission.
Imprese che hanno rinunciato a considerare il profitto soltanto a breve o la sua massimizzazione come un feticcio. Si tratta, in molti casi, di una sorta di silenziosa rivoluzione produttiva e di mercato che non ha niente a che vedere con operazioni di green washing per millantare un credito o da strumentalizzare in termini di relazioni pubbliche.
Fare i nomi di alcune di queste significherebbe non dare il giusto riconoscimento alle tante che sono impegnate in quest’area. Che costituiscono oggi la vera locomotiva del sistema paese sul fronte dell’ambiente.
Alcune hanno realizzato un business con l’ambiente, molte altre effettuano grossi investimenti senza ricevere un ritorno nell’immediato ma nella consapevolezza, realistica ed etica insieme, della doverosità del loro operare.
Gli ambiti in cui si muovono sono tanti e complessi, a cominciare dal risparmio energetico e la sostituzione di impianti che non lo consentono. Il ricorso ad energie rinnovabili con incisivi processi di riconversione: dai pannelli solari, il fotovoltaico, la geotermia.
Eliminazione di qualsiasi componente che sia anche solo sospetta di pericolo per la salute.
Drastica riduzione delle emissioni di CO2 con l’obiettivo di azzerarle e compensazione del proprio impatto ambientale mediante il ricorso alla riforestazione.
Forte ispirazione della produzione in termini di sostenibilità nel reperimento di materie prime e di rispetto per Paesi che le producono.
Attenzione ad una risorsa preziosa come l’acqua, al suo consumo moderato, ad evitare il suo inquinamento anche a livello delle falde.
Impegno a valorizzare risorse del territorio circostante sia in termini di capitale umano ma anche di prodotti/strutture che provengono da più immediato milieu geografico.
Consapevolezza del problema dei rifiuti, ecocompatibilità e biodegradabilità delle confezioni, in alcuni casi l’assunzione di ritirare o riciclare i prodotto in disuso, con una forte tensione alla riduzione del packaging. Che ritorna alla sua funzione ontologica di protezione e non all’effetto matrioska che il marketing gli aveva attribuito dilatando, a spese dell’ambiente, la sua funzione di vendita.
Sono molte inoltre le imprese attive nello svolgere una funzione didattica/di sensibilizzazione ambientale nei confronti dei propri consumatori.
Addirittura - come alcune multiutility - si promuovono campagne per insegnare all’utenza come limitare i consumi degli stessi prodotti che vendono.
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