Secondo il Living Planet Report 2008 l’impronta ecologica dell’Italia rispetto ai dati disponibili al 2005 è di 4,8 ettari globali pro capite, biocapacità 1,2 ettari pro capite (popolazione 58 milioni). L’Italia è al 24° posto nella lista delle maggiori impronte ecologiche del mondo.
Ecco alcuni dei dati più significativi sulle impronte ecologiche di alcuni paesi resi noti dal Living Planet Report 2008:
- Cina, impronta ecologica, ettari globali pro capite 2,1 - biocapacità 0,9 (popolazione 1 miliardo 323 milioni)
- India, impronta ecologica 0,9 - biocapacità 0,4 (popolazione 1 miliardo 103 milioni)
- Australia, impronta ecologica 7,8 - biocapacità 15,4 (popolazione 20 milioni)
- Stati Uniti, impronta ecologica 9,4 - biocapacità 5,0 (popolazione al 2005, 298 milioni, oggi hanno sorpassato i 300 milioni)
- Brasile, impronta ecologica 2,4 - biocapacità 7,3 (popolazione 186 milioni)
- Germania, impronta ecologica 4,2 - biocapacità 1,9 (popolazione quasi 83 milioni)
- Regno Unito, impronta ecologica 5,3 - biocapacità 1,6 (popolazione quasi 60 milioni)
- Etiopia, impronta ecologica 1,4 - biocapacità 1,0 (popolazione 77,4 milioni).
È evidente che se continuiamo imperterriti ad incrementare la nostra impronta ecologica a livello mondiale, non faremo altro che aumentare il nostro debito ecologico, inficiando significativamente le nostre stesse probabilità di sopravvivenza.
Se infatti dovesse persistere il trend in uno scenario BAU (Business as Usual) che ci ha condotto ad un livello di “sorpasso”, rispetto alle capacità bioproduttive dei nostri sistemi naturali, paragonabile al 30% nel 2005, raggiungeremo il 100% nel decennio del 2030.
L’impronta idrica del nostro paese
Per quanto riguarda l’impronta idrica, l’Italia si trova al 4° posto nella classifica mondiale riguardante l’impronta idrica del consumo, che costituisce il volume totale di risorse idriche utilizzate per produrre i beni e i servizi consumati dagli abitanti della nazione stessa (questo indicatore è costituito da due componenti e cioè l’impronta idrica interna, che è composta dalla quantità di acqua necessaria per produrre beni e servizi realizzati e consumati internamente al paese, e dall’impronta idrica esterna, che deriva dal consumo delle merci importate e calcola, quindi, l’acqua utilizzata per le produzioni delle merci dal paese esportatore).
L’Italia è quindi al 4° posto con un consumo di 2.332 metri cubi pro capite annui (dei quali 1.142 interni e 1.190 esterni). Davanti a noi abbiamo, nell’ordine, USA, Grecia e Malesia, dietro di noi, Spagna, Portogallo, Canada ecc.
Emissioni di gas che incrementano l’effetto serra naturale
Nel 2005 le emissioni di gas che incrementano l’effetto serra naturale hanno raggiunto oltre 580 milioni di tonnellate di CO2 equivalente, tanto da trasformare l’Italia nel terzo paese europeo per emissioni (eravamo il 5° nel 1990 e il 4° nel 2000). Nel 2006 il dato è salito a 567,9 milioni di tonnellate di CO2 equivalente.
Tra il 1990 e il 2005 le emissioni di gas serra in Italia sono cresciute complessivamente di 62,70 milioni di tonnellate di CO2 equivalente. Nel 2006 le emissioni sono ancora cresciute dello 0,3% rispetto ad una riduzione dello 0,8% su scala europea. L’Italia è uno dei pochi paesi europei (insieme ad Austria, Grecia, Irlanda, Portogallo e Spagna) che ha registrato un incremento delle emissioni rispetto ai valori del 1990.
A causa della crescita delle emissioni delle industrie energetiche e dei trasporti, l’Italia non sarà prevedibilmente in condizione di raggiungere l’obiettivo di Kyoto con sole misure domestiche.
Flussi di materia
Grazie ai puntuali lavori della contabilità ambientale dell’ISTAT anche il nostro paese comincia ad avere dati sui flussi di materia prodotti dalla nostra economia. L’applicazione al nostro paese dei metodi di calcolo, standardizzati da EUROSTAT, relativi al Fabbisogno Materiale Totale (Total Material Requirements) ha consentito di avere i primi dati su tutti i flussi di materia, utilizzati e non, che nei periodi contabili presi in considerazione hanno reso possibile direttamente o indirettamente il funzionamento dell’economia italiana.
Nel periodo dal 1980 al 2004 il Fabbisogno Materiale Totale (FMT) è cresciuto del 31,8 %. Tale crescita è dovuta ai flussi relativi alle importazioni. Infatti le estrazioni interne, di materiali utilizzati e non, hanno segnato nel 2004 una diminuzione del 13% rispetto al 1980.
In particolare la crescita del FMT è dovuta soprattutto ai flussi indiretti associati alle importazioni, che sono aumentati del 79,5%, passando dal 38% a circa il 52% del FMT. Ciò indica come le attività economiche del nostro paese, pur non coinvolgendo una crescente quantità di materia, abbiano richiesto il prelievo di sempre maggiori quantità di materia vergine dai sistemi naturali del resto del mondo.
Tenendo conto di altri indicatori utilizzati nei metodi standardizzati EUROSTAT (Economy-wide Material Flows Accounts, vedasi Eurostat, 2001 “Economy-wide material flow accounts and derived indicators. A methodological guide”), come il Consumo Materiale Interno, l’Estrazione Interna Totale e il Consumo Materiale Totale, si può affermare che nel periodo 1980-2004 è cresciuta l’efficienza globale al cui terminale vi sono i bisogni degli italiani (espressa dal rapporto tra il Consumo Materiale Totale e le risorse economiche disponibili per usi interni), è diminuita la quantità di materiale direttamente prelevata dal territorio nazionale (espressa dall’indicatore dell’Estrazione Interna Totale), sono rimaste sostanzialmente stabili le pressioni sul territorio nazionale (espresse dal Consumo Materiale Interno anche se con un incremento a partire dal 1990), ma è cresciuta la domanda di risorse naturali e servizi ambientali a carico dei sistemi naturali globali implicita nei modelli di consumo e investimento degli italiani.
Ciclo dei rifiuti
Dal 1997 al 2004 è stato registrato un incremento di quasi il 60% della produzione totale di rifiuti nel nostro paese. Tale produzione è passata da circa 87,5 milioni di tonnellate del 1997 a poco meno di 140 milioni di tonnellate nel 2004. Il tasso medio di crescita annua è stato di circa il 7%. Anche per i rifiuti urbani, dopo una fase di crescita contenuta, si è assistito ad un’accelerazione della produzione con un incremento percentuale, tra il 2003 ed il 2005, del 5,5% raggiungendo una quantità di circa 31,7 milioni di tonnellate. Nel 2006 i rifiuti urbani hanno raggiunto i 32,5 milioni di tonnellate. Il valore pro capite è di 539 kg abitante l’anno.
La situazione e lo scenario prevedibile sono in contrasto con gli indirizzi strategici e regolamentari dell’Unione Europea che pone come priorità assoluta la prevenzione quantitativa e qualitativa dei rifiuti.
Fragilità territoriale
Attualmente circa il 10% del nostro Paese è classificato a elevato rischio a causa di alluvioni, frane e valanghe, interessando totalmente o in parte il territorio di oltre 6.600 comuni italiani.
Il censimento aggiornato nel gennaio 2006 indica che su circa 30.000 kmq di aree ad alta criticità, il 58% di esse appartiene ad aree in frana, mentre il 42% ad aree esondabili. I risultati evidenziano una situazione di assoluta fragilità del territorio italiano aggravata dal fatto che più dei 2/3 delle aree esposte a rischio interessano centri urbani, infrastrutture e aree produttive strettamente connesse con lo sviluppo economico e sociale del Paese. Le attività di pressione antropica sul nostro territorio così come gli effetti del mutamento climatico, intervengono su ambienti già naturalmente fragili o delicati; diventa quindi per questo sempre più urgente un’azione concreta e puntuale di ripristino ecologico del nostro territorio.
(fonte WWF)
giovedì 30 ottobre 2008
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