“Societing non è una nuova etichetta per dire marketing. Sarebbe davvero ingenuo pensare che questo possa ritrovare il ruolo davvero cruciale che ha svolto in passato limitandosi ad un cambiamento lessicale.
Societing intende esprimere la nuova identità di cui il marketing deve appropriarsi per riacquisire competitività e funzione strategica che risultano in progressivo declino. Non è soltanto il ricorso alla vasta strumentazione che va sotto il nome di marketing non convenzionale o il saper cogliere le nuove straordinarie opportunità del web 2.0 che restituirà incisività ed efficacia al marketing.
Se contemporaneamente, come sembra, non si afferra il senso e la portata delle profonde trasformazioni che sono intervenute nel sociale, nel consumatore, nei mercati, nello scenario distributivo, nelle tecnologie.
Se non si comprende - non è enfasi retorica - che stiamo entrando in un’epoca nuova dove non si registra soltanto un’improvvisa accelerazione di tanti trend e l’emergere di nuovi protagonismi, ma in cui sovente fenomeni di discontinuità tendono a prevalere."
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"Lo shift del marketing dalla sua funzione (nobile) di raccordare la produzione alla domanda espressa dai consumatori a quella, invece, di trovare consumatori in grado di assorbire una produzione crescente è il surrettizio ideologico che mina tutto il sistema. Rivedere lo statuto e le prassi del marketing in un’ottica di Societing è una scadenza che non può essere ignorata per poterlo rifondare su basi nuove, coerenti ai nuovi scenari. Per restituirgli efficacia e dignità sociale.
Il marketing è, e resterà, una disciplina aziendalistica e non c’è nessuna ingenua convinzione che l’impresa possa trasformarsi in una Fatina dai Capelli Turchini tutta amore ed oblatività. Soltanto per poter conseguire i suoi obiettivi, almeno sui mercati, deve prendere atto che le regole del gioco sono profondamente mutate.
Non è solo la congiuntura economica che stiamo attraversando, un impoverimento, questo sì di massa, a frenare i consumi. Contribuisce anche la perdita di incisività di una funzione dell’impresa che sarebbe deputata a promuoverli.”
1 commento:
Mi vengono in mente diversi passi di un libro che sto leggendo in questo periodo, di Chris Decker, ex manager di P&G in cui si parla di come alla base della strategia di un'azienda di successo ci siano prodotti sviluppati in collaborazione con il pubblico.Prodotti frutto di test e ritest e confronti e riconfronti. Non idee tradotte malamente in pratica sulla base di quello che il product manager pensa possa funzionare. Una costruzione della marca e della qualità insomma che nascono dalla interazione coll'utilizzatore finale.
Nessun finto perbenismo e/o buonismo, anche perché sia azienda che consumatore basano le proprie valutazione sul principio dell'utile. Alé
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