venerdì 11 aprile 2008

reciprocità

Mutual Social Responsability, così viene definita oltre oceano. “E’ il nuovo fenomeno a cui stiamo assistendo”, commenta Mitch Markson, presidente di Edelman Global Consumer Brand e fondatore di Goodpurpose.
“E’ la naturale fusione fra la corporate social responsability e il più tradizionale cause-related marketing”, aggiunge, confortato dai dati di una ricerca che ha sondato 5.600 consumatori di nove Paesi: Stati Uniti, Cina, Regno Unito, Germania, Brasile, Italia, Giappone, India e Canada.
La reciprocità diventa chiave di volta. E l’empatia premierà quei brand che meglio sapranno interpretare le rinnovate attese. Assumendosi le proprie responsabilità.

5 gli aspetti più rilevanti emersi dalla ricerca:

1 – i consumatori non sono mai stati tanto coinvolti in azioni di rilevanza sociale.

2 – i consumatori sembrano preferire sempre più brand in grado di fare “la differenza”

3 – i consumatori sono pronti ad allearsi con i brand in una sorte di mutua responsabilità

4 – i brand hanno l’opportunità di raggiungere un maggior numero di consumatori fornendo risposte sociali

5 - Word of mouth è la più credibile fonte d’informazione sui brand impegnati in progetti di sostenibilità


Se le dichiarazioni saranno supportate dai fatti, le aziende hanno materia su cui riflettere. Perché il rischio è che l’85% dei consumi subiscano uno spostamento a favore di chi può garantire una migliore salvaguardia e tutela ambientale o un coinvolgimento in cause a difesa della salute e del benessere inteso in senso più generale.
E non solo, perché la metà del campione è anche disposta a fare da cassa di risonanza - e sappiamo come internet amplifichi nel bene e nel male i messaggi - a favore di un prodotto che si sia assunto tale impegno.

Le conferme già oggi non mancano. Pensiamo a brand come Dove, The Body Shop, Virgin o Coca-Cola, che il tema della responsabilità sociale lo stanno già cavalcando e che sono entrati nel vissuto di molti di noi proprio forti di questo orientamento. E laddove l’impegno esiste, il “fare guadagno” non viene visto in modo negativo. E’ proprio questo il tacito accordo: tu mi aiuti a vivere in un contesto migliore, io contribuisco al tuo arricchimento.

C’è anche un’opportunità da cogliere. Perché se è vero che “l’impegno” farà da spartiacque, molto poco ancora si sa di chi ha già iniziato a impegnarsi. Nel mondo solo il 39% dei consumatori sono al corrente di un qualche brand che si è già mosso in tale senso. A questo si aggiunge che la mancanza di tempo (52%) e di denaro (41%) vengono additati come le principali cause di uno scarso impegno personale.
Ai brand viene dunque chiesto di diventare ‘tramite’ per poter contribuire in qualche modo. Dunque molto margine di comunicazione c’è per chi decida di approcciare questo posizionamento.

(fonte: www.youmark.it)

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