Dalla ricerca GPF commissionata da Dacia (Gruppo Renault) emerge un’inedita fotografia del nostro Paese di fronte alla crisi economica in atto: nei modelli di consumo crescono senso di responsabilità, frugalità consapevole e voglia di innovare. Diminuisce sensibilmente il desiderio di esibizione sociale.
Gli Italiani non vogliono più consumare ma poter scegliere con senso di consapevolezza, responsabilità e propensione alla sperimentazione.
Sembra questo il senso generale emerso dall’indagine GPF “Come cambiano gli Italiani: nuovi valori e nuovi paradigmi d’acquisto low-cost nell’era della crisi”, commissionata da Dacia. L’indagine qualitativa è stata condotta, a novembre 2008, attraverso interviste etnografiche e di gruppo.
I risultati delle indagini sono stati incrociati con il database GPF sulla società italiana (3SC) con l’obiettivo di verificare come i nuovi paradigmi di acquisto, in modo particolare quello low-cost, vengano interpretati dalle diverse categorie “sociologiche”.
Emerge la fotografia di una società in evidente trasformazione, all’interno della quale, dopo anni di immobilismo, aumenta sensibilmente la componente più aperta all’innovazione e al cambiamento che si orienta verso l’adozione di stili di vita e di consumo nuovi – primo tra tutti il low-cost. Nel Paese delle griffe, un segnale particolarmente rappresentativo dei “tempi che cambiano” è il calo dell’ansia di esibizione sociale e della seduzione degli status symbol, a fronte di un crescente desiderio di approfondimento, conoscenza ed arricchimento personale.
Sintesi dei risultati
La crisi e l’austerità volontaria
Il grave momento di crisi economica e di recessione rende il tema del low cost più che mai attuale. La situazione, tuttavia, era cambiata già prima della crisi: se, infatti, i segnali della crisi erano già evidenti e a luglio 2008 – data dell’ultima rilevazione 3SC – il 68,2% degli italiani dichiarava che si sarebbe orientato da lì in poi verso marche/ prodotti meno costosi, è anche vero che negli ultimi anni si è andata delineando una nuova sensibilità culturale che potremmo chiamare “austerità volontaria”.
Dal 2006 ad oggi è cresciuto di 4 punti percentuali (dal 44 al 48%) il numero di italiani che si dichiara d’accordo con l’affermazione “non mi interessa guadagnare di più per poter spendere di più”, mentre il 55% degli italiani afferma di riconoscersi nella filosofia della “semplicità volontaria”.
Ciò che sta accadendo è un vero e proprio cataclisma socioculturale: oggi, per la prima volta, si assiste ad una battuta d’arresto dei valori di edonismo e consumismo che avevano caratterizzato la società italiana sin dagli anni ’80. Negli ultimi due anni, infatti, è sceso di 5 punti percentuali il numero di coloro che si riconoscono nell’affermazione “In un momento come questo, bisogna badare soprattutto ai propri interessi personali”, passando dal 63 al 58%.
Al contrario, sono tornati a crescere valori come l’amore per l’arte e la cultura, il senso di comunità, l’impegno e l’attenzione verso l’ambiente. L’ambiente, infatti, risulta essere la prima preoccupazione per il 71% degli italiani.
L’austerità volontaria non come rinuncia ma come stile di vita
La sobrietà dei consumi si configura, dunque, non come una rinuncia ma piuttosto come la nuova “cifra culturale” del nostro tempo. Così, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, questa tendenza convive con un interesse per la moda, l’estetica, l’espressione di sé, che non sono affatto in crisi: negli ultimi due anni, al contrario, l’interesse per la moda è cresciuto lievemente, di 1 punto percentuale. È in crisi, invece, l’interesse per l’apparenza in quanto tale, esemplificato dall’adozione e l’esibizione di prodotti status symbol, che ha lasciato spazio alla voglia di autenticità.
Il low cost è “il” consumo contemporaneo
In un contesto di liberazione dagli stereotipi e di ricerca di semplicità, il low cost è divenuto non “una” ma “la” modalità di consumo della società contemporanea, quella più capace di catturare lo spirito del tempo.
Il consumatore è divenuto lucido, competente, esigente, autonomo, refrattario a farsi manipolare dal marketing e dalla pubblicità. Il 71% degli Italiani, infatti, si dichiara d’accordo con l’affermazione che “Il prezzo basso, conveniente, oggi non è più sinonimo di bassa qualità ma di correttezza da parte del produttore”.
I marchi dichiaratamente low cost sono ormai “sdoganati” e non creano alcun “complesso” di immagine: il 78,7% degli italiani dichiara infatti che “aziende come Ryanair, Ikea, Dacia etc. hanno dimostrato che non sempre a prezzi bassi corrisponde bassa qualità”.
Low cost si dice in molti modi…
La pervasività è l’attualità del low cost come modalità di consumo è dimostrata dal fatto che non si può più parlare “del low cost” ma “dei low cost”: tutti (o quasi) gli Italiani, con modalità e declinazioni valoriali diverse, praticano oggi modalità di consumo low cost. Si va dal low cost vissuto come risparmio subìto e rinuncia del “piccolo borghese”, al low cost “residuale” di chi ancora si riconosce nei valori di apparenza e consumismo degli anni ’80 ma che non disdegna di affidarsi a marchi “sdoganati “ e oramai “ecumenici” come Ikea o Ryanair.
Si arriva ai cosiddetti “radical chic”, che fanno del low cost la loro strategia di affermazione ideologica e di differenziazione, e ai giovani della “net society” che ne fanno strumento di liberazione dall’etichetta e dagli stereotipi, fino a quanti fanno del low cost una scelta di etica e di responsabilità sociale.
L’auto low cost
In questo contesto non sorprende che siano sempre più gli italiani aperti all’idea di acquistare un’auto low cost, sebbene l’auto resti in questo Paese lo status symbol per eccellenza. Infatti, il 62,8% degli italiani dichiara “È essenziale che l’auto faccia fare anche una bella figura”.
La propensione generica per un’auto “no frills”, in Italia si attesta a circa due italiani su tre (il 65.1%), con una propensione massima che sfiora un terzo degli intervistati (30,2%).
Tuttavia, in un clima socio-culturale in cui l’austerità volontaria sta diventando sempre più rilevante e “trendy” – anche e soprattutto nei settori più avanzati della società – l’auto low cost va configurandosi non più solo come una scelta di ripiego, un risparmio subìto, ma come una scelta “furba”, “intelligente”, differenziante che, prima di tutto, fa star bene con sé stessi.
Sempre più, dunque, l’auto low cost si sta trasformando da scelta razionale e obbligata – risparmio subìto e rinuncia - a scelta di cuore e di espressione dell’identità personale, in cui i valori di anticonformismo da una parte (l’auto low cost “radical chic”) e di autenticità dall’altra (l’auto low cost della semplicità e dell’etica del risparmio) sono i driver motivazionali più forti che spingono all’acquisto di questo prodotto.
giovedì 11 dicembre 2008
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